Il simbolo di tutti i miei siti sull’Intelligenza Artificiale è l’occhio di Horus, il simbolo emblematico del mito di Osiride, il più antico e significativo mito dell’antico Egitto. Perché credo che un elemento cruciale per vincere la futuristica sfida dell’Intelligenza Artificiale sia applicare un saggio consiglio vecchio di millenni, il significato essenziale dell’antico mito di Osiride e Horus: prestare attenzione è la chiave per estrarre ordine del caos e rivitalizzare una società morente.
E’ un mito lungo e complesso che si articola in più fasi:
Io sono un ingegnere con solida esperienza nel campo aerospaziale, da sempre guardo al futuro e sogno la colonizzazione dell’universo, da sempre sono appassionato di nuove tecnologie, e adesso seguo lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale pensando al futuro della società umana. Ma non dimentico la saggezza del passato. Bisogna saperla riapplicare in modo nuovo alle sfide del presente e del futuro. Ed è proprio questo l’insegnamento del mito di Osiride:
il mito di Osiride
Osiride fu la più antica e popolare divinità egizia, e suo fu il mito più antico e significativo dell’estesa mitologia sacra egiziana: Osiride rappresenta il faraone ideale, il fondatore della cultura e dell’ordinamento sociale egizio. Vi sono innumerevoli narrazioni e varianti di questo mito fondamentale, io qui riassumerò le parti essenziali della versione classica tramandataci da Plutarco.
Osiride era figlio del dio della terra Seb (principio maschile) e della dea del cielo Nut (principio femminile, il cui equivalente greco era Rea). Nut era la dea del cielo, della notte e della nascita; veniva raffigurata come una donna con il corpo cosparso di stelle, e rappresentava la volta celeste e il cielo notturno.
Quando il dio del sole Ra capì che la moglie Nut lo aveva tradito la maledisse condannandola a non poter partorire suo figlio in nessun giorno dell’anno. Allora Nut chiese un favore al dio del tempo Thoth (anche lui suo amante) che fece in modo di aggiungere 5 giorni epagomeni al classico calendario di 360 giorni per riallineare il calendario civile con l’anno solare, e così Nut poté partorire in quei giorni senza infrangere la maledizione del potente dio del Sole suo marito. Ogni giorno partorì un figlio: il primo giorno venne alla luce Osiride, il secondo giorno Haroeris (detto anche Oro il maggiore, una versione arcaica di Horus che poi nella versione classica di questo mito si trasformerà nel figlio di Osiride), il terzo Seth, il quarto Iside, il quinto Nefti (Nephthys). Seguiamo la versione semplificata del mito in cui Haroeris esce di scena per riapparire poi come Horus.
Osiride sposò sua sorella Iside, e Seth sua sorella Nefti. Il fatto di sposare la sorella non deve essere giudicato come un peccaminoso incesto, ma come il retaggio di antichissime tradizioni secondo cui il potere regale si trasmetteva attraverso la linea femminile, dunque per il figlio di un re l’unico modo di diventare re a sua volta era di sposare la sorella. E questo fatto, come praticamente tutte le componenti del mito, va letto in chiave simbolica e non preso alla lettera.
Osiride divenne il primo mitico faraone fondatore del regno egizio: diede agli egizi le leggi e l’ordinamento sociale, e gli insegnò ad adorare e rispettare gli dei. Iside scoprì il grano e l’orzo, e suo marito Osiride ne organizzò la coltivazione, così come aveva avviato e organizzato la coltivazione agricola di altri alimenti, tra cui gli alberi da frutta. Colta l’importanza fondamentale di questa scoperta decise che questa conoscenza era troppo importante per rimanere relegata solo in quelle terre: lasciò il governo del paese alla moglie Iside e viaggiò per il mondo diffondendo i doni della civiltà e dell’agricoltura. Questa parte del mito narra il passaggio della società umana dallo stato nomade e selvaggio all’agricoltura stanziale che portò alla fioritura delle civiltà antiche. Osiride tornò in Egitto dopo molti anni, carico dei doni e della riconoscenza degli altri popoli, e venne adorato come un Dio.
Iside e Osiride erano amati e onorati dal popolo, e il fratello Seth ne era terribilmente invidioso. Seth qui simboleggia il lato negativo della società umana, il parente invidioso che esiste in tutte le famiglie.
Ma qui arriva una parte interessantissima e ancora oggi attuale di questo mito vecchio di millenni: Osiride, che a questo punto simboleggia il buon governo, col passare del tempo si lascia andare e progressivamente comincia a non vederci più bene. Ed è una cecità volontaria: simboleggia l’eterno problema del buon governante che col passare del tempo non vede e non capisce più i problemi nuovi, non ha più le forze e lo spirito di quando da giovane fece tanto per il suo popolo, è soddisfatto di quanto è già stato fatto e non vede, o meglio non vuole vedere i nuovi problemi che emergono, la corruzione che lentamente ma inesorabilmente si infiltra, e comunque non riesce a capire le nuove dinamiche della società ormai diversa da quando lui era giovane e forte. Geniale il fatto che gli egizi avessero sottolineato che la sua cecità era volontaria: non voleva vedere i nuovi problemi (evidenti ai giovani), perché non voleva ammettere che era invecchiato e non era più quello di un tempo. Quante volte nei millenni successivi questa tragica cecità si è ripresentata anche nei re migliori. Quanto avevano capito bene gli egizi. E quanto potenti sono i miti antichi SE interpretati in chiave simbolica: perché l’animo umano e le dinamiche sociali sono sempre le stesse.
In particolare Osiride non vuole vedere suo fratello Seth che trama alle sue spalle, e con altri 72 congiurati ordisce un complotto, riuscendo ad intrappolare Osiride in un sarcofago fatto su misura per lui (in cui Osiride entra volontariamente, sempre perché si rifiutava di vedere). Il sarcofago sigillato viene buttato nel Nilo, dove non affonda (ancora una volta l’interpretazione deve essere simbolica, il ventre della balena, la morte e la rinascita). Osiride da vivo passò ad uno stato di “non vita”.
Iside, che amava totalmente il marito fratello, era disperata dalla perdita, ma non si diede per vinta: cominciò a cercare ovunque Osiride. Sorvolando il delta del Nilo in forma di uccello Iside sorvolò il sarcofago di Osiride, e in quel momento concepì un figlio.
Iside concepisce Horus volando in forma di uccello sul defunto Osiride
a sinistra compare Horus (anche se non ancora nato) e a destra Iside in forma umana
rilievo del tempio di Abydos – photocredit: Olaf Tausch
Questa concezione miracolosa di un re/dio e di una vergine simboleggia il trionfo della vita sulla morte, o meglio la continuazione della vita (nelle nuove generazioni), e ricorre in molti miti storici e religiosi: è la stessa nascita di Romolo, di Gesù, di Krishna, e di molti grandi fondatori mitici o salvatori di civiltà o religioni. E’ un simbolo potente e ricorrente trasversalmente nelle culture del passato. L’unico caso in cui se ne pretende una interpretazione letterale come un fatto storico è da parte della Chiesa Cattolica, che si impone come necessario intermediario tra Dio e l’uomo, e che da questa intermediazione forzata ha accumulato il più grande e remunerativo potere della storia. Ma torniamo al mito egizio.
Iside dà alla luce suo figlio Horus in circostanze difficili, e lo nasconde dal perfido zio Seth (notare l’assonanza con Satana, il simbolo del male), che nel frattempo si era impadronito del regno che opprimeva con il suo governo malvagio. Il giovane Horus comincia dunque la sua vita in circostanze avverse ed estremamente sfavorevoli, come è stato per Romolo, per Gesù, e per moltissimi eroi mitici.
Da sempre gli uomini hanno sofferto e la gente comune si è costantemente trovata in situazioni tragiche, e questa particolare narrazione mitica che si ritrova in tutte le culture del mondo simboleggia la capacità della vita di ri-sorgere dalla disperazione e di resistere anche nelle condizioni più ostili. E in queste narrazioni (simboliche) l’eroe emerge dalla sofferenza per portare ordine e giustizia. Questo sarà ovviamente il destino di Horus: vendicare il padre e ristabilire l’ordine nella società oppressa dal cattivo governante Seth.
La lezione per noi comuni mortali è che non dobbiamo mai arrenderci, anche nella disperazione più nera delle situazioni più tragiche. A questo servono i miti: come guide e lezioni di vita.
Nel frattempo Osiride era finito a presiedere il regno dei morti. La storia è lunga e complicatissima e la riassumiamo così: il sarcofago col non vivo Osiride passato il delta del Nilo galleggiando col tempo arriva fino alle coste della Fenicia, dove si arena sulla spiaggia di Biblo (nell’odierno Libano). Iside lo ritrova e lo riporta in Egitto. Seth lo scopre casualmente durante una notturna caccia al cinghiale, e lo smembra in 13 pezzi. Iside si rimette alla ricerca dei pezzi, li ritrova tutti, li ricompone, e riporta al mondo Osiride, che però ormai è non più vivo e non può vivere normalmente nel mondo superiore. Allora Iside, con l’aiuto della sorella Nefti, mummifica il corpo ricomposto di Osiride: questa parte della storia è l’origine del rituale di mummificazione e del culto dei morti egizio.
Osiride, non potendo più stare nel mondo dei vivi, diviene allora il signore del mondo sotterraneo: nella sala delle Due Verità presiede come giudice al processo delle anime dei morti, che a lui si confessano, e che poi devono pesare il loro cuore su una bilancia dove il contrappeso è la piuma di Ma’at, simbolo dell’equilibrio cosmico, di verità e giustizia. La bilancia rappresenta il confronto tra l’essenza morale dell’uomo e l’ordine universale: il mito ci racconta che la giustizia e la verità sono imprescindibili per l’equilibrio dell’universo, quindi un cuore più pesante della piuma indicava che il defunto non aveva vissuto seguendo verità e giustizia, e i suoi peccati terreni lo condannavano ad essere divorato (o meglio veniva divorato il suo cuore, simbolo del suo spirito) dalla mostruosa Ammit, una creatura con caratteristiche di leone, ippopotamo e coccodrillo, che riduceva il colpevole all’annientamento della non esistenza. Solo il cuore puro e più leggero della piuma poteva accedere all’aldilà egizio, noto come Aaru o Campi dei Giunchi.
libro dei morti, il giudizio dei defunti – foto di pubblico dominio
Se sei ancora qui a leggere anche tu riconosci implicitamente che queste storie simboliche vecchie di millenni non sono primitive visioni insensate: il loro potere evocativo è ancora forte e significativo. La lezione di saggezza di questi miti antichissimi (il buon governo che col tempo diventa cieco, la necessità di non arrendersi alla disperazione per perpetuare la vita, verità e giustizia come valori supremi nel corso dei millenni) è valida e attuale ancora oggi.
Come detto il giovane Horus comincia la sua esistenza in modo difficile: deve nascondersi dallo zio Seth, che ora domina l’Egitto, e con la madre Iside lascia la civiltà delle città nascondendosi nelle paludi della foce del Nilo, un ambiente ostile popolato da serpenti e coccodrilli. Queste paludi e i suoi animali pericolosi rappresentano le difficoltà della vita, con cui tutti noi dobbiamo fare i conti. Horus cresce protetto dall’amore della madre, che lo educa alla via di Ma’at: l’ordine che deriva da verità e giustizia. E alla fine nonostante le tante difficoltà accade l’inevitabile, ciò che accade a tutti coloro che da giovani resistono e perseverano nelle difficoltà: il giovane Horus cresce, diventa forte e sicuro di sé, e la vista acuta è il simbolo della sua forza. Una volta raggiunta la maturità (quando fu ritenuto pronto dagli dei), reclama i suoi diritti (il diritto di successione al trono simboleggia la continuità dell’ordine) e affronta lo zio Seth nel confronto finale. Il simbolo dell’eterna inevitabile lotta tra bene e male, tra caos e ordine.
Nella tragica battaglia finale Seth prima di soccombere riesce a strappare un occhio di Horus (in altre versioni ferisce l’occhio senza strapparlo, ma lo danneggia seriamente). Questa ferita simboleggia quanto sia pericoloso e devastante il vero confronto con le forze del male: è un serio pericolo per l’integrità della coscienza. Ma alla fine Horus riesce a sconfiggere Seth e a riconquistare il posto che gli spetta come legittimo sovrano dell’Egitto unificato. Notare che quando Horus sconfigge Seth non lo uccide: Horus deve ristabilire l’ordine, e la giustizia non è vendetta. Inoltre un dio che rappresenta una forza operante su questo pianeta non si può uccidere, perché non si può rimuovere quella forza dalla vita sulla Terra: quindi se Seth rappresenta il male, il caos, le forze negative, sarebbe ingenuo pensare che questi elementi possano morire e scomparire dalla vita degli uomini. Invece Seth riconosce la sconfitta, rinuncia al trono che consegna al nipote vittorioso, e si auto-esilia nel deserto, diventando il dio del deserto, delle tempeste, il dio del disordine, e acquista una sua funzione positiva viaggiando sul carro del dio Sole Ra combattendo e respingendo il mostro Apopi che voleva divorare il Sole. In alcune versioni poi la lotta tra Seth e Horus continua anche in seguito (perché il male e il caos non possono scomparire dalla vita degli uomini, e la lotta tra bene e male è eterna).
l’occhio di Horus
Prima di poter salire al trono del padre che ha riconquistato Horus deve però recuperare il suo occhio perso (o danneggiato) nel combattimento finale: un faraone menomato non può regnare, perché il governo richiede la pienezza delle facoltà morali e mentali. Dunque l’occhio di Horus viene rigenerato dal dio Thoth, un dio particolarmente poliedrico, che oltre ad essere dio del tempo e della Luna (è quello che all’inizio della storia aggiunge i 5 giorni supplementari all’anno di 360 giorni dando modo a Nut di partorire i suoi figli) è anche dio della saggezza e della guarigione. In alcune versioni del mito il dio Thoth non solo guarisce/rigenera l’occhio, ma lo rende ancora più potente e perfetto di prima. Questo atto di guarigione sottolinea il ripristino dell’integrità di Horus, necessaria per iniziare a governare.
Interessante il particolare che a questo punto Horus scende nel regno dei morti offrendo al padre l’occhio Udjat (l’occhio di Horus, rappresentato dal famosissimo geroglifico riportato sotto e nella favicon di questo sito). Il termine “Udjat” deriva dalla parola egizia “wdjat” che significa “intero”, “completo”, “intatto”, “sano”. Suggerisce quindi uno dei significati chiave del simbolo: l’integrità e la completezza, necessarie per il buon governo.
L’offerta simbolica dell’occhio di Horus al padre Osiride rappresenta il trasferimento dell’energia e della visione rinnovata da Horus a Osiride, e ha il doppio effetto di consolidare Osiride nel suo presiedere il regno dei morti come giudice dell’anima dei defunti, e al tempo stesso consolidare in Horus la continuità del potere e della giustizia che si irradia dalle generazioni divine precedenti. E’ l’abbraccio ciclico tra vita e morte, simbolo dell’unica vittoria possibile della vita sulla morte: il passaggio della vita nelle generazioni successive.
L’offerta è anche un chiaro segno di amore filiale, rispetto e devozione di Horus verso suo padre. Dimostra per Horus non solo la volontà di onorare e sostenere il padre, anche nel regno dei morti, ma anche e soprattutto il desiderio di continuità per l’opera che lui dovrà compiere nel regno dei vivi: Horus vuole regnare come legittimo erede di suo padre, forte dell’eredità spirituale del vecchio regno, che lui reinterpreterà in modo nuovo grazie alle sue energie e capacità. L’esempio perfetto di come il giovane re dovrebbe subentrare al padre.
L’atto contribuisce a ristabilire l’ordine cosmico dopo il caos portato da Set. Horus ristabilisce la sua integrità (guarendo l’occhio) e rafforza l’ordine nell’Oltretomba (offrendo l’occhio a Osiride), preparando la strada per il suo stesso regno di ordine e giustizia nel mondo dei vivi. Questo compiace gli dei e il giudizio divino reputa Horus degno e pronto per il suo ruolo: inizia a regnare come nuovo legittimo faraone sull’Egitto unificato, per ripristinare il ciclo di ordine e giustizia che porterà la civiltà a fiorire di nuovo. La rinascita e rivitalizzazione della società morente.
Interessante notare che per gli egizi il faraone era contemporaneamente sia il faraone vivo che il precedente faraone morto, e incarnava al tempo stesso sia Horus che Osiride. Una saggia visione che sottolinea come nei massimi ruoli di governo l’uomo al vertice è solo parzialmente se stesso: la persona viva è in gran parte anche il ruolo astratto che si impossessa della persona, il ruolo costituito dalla somma delle componenti della cultura del paese/nazione che si rappresenta. Il faraone morto, e lo spirito di tutti i faraoni precedenti, rappresenta la cultura del Paese, la sua tradizione, la sua forza, ciò che vale la pena difendere, preservare, e ampliare nel corso delle generazioni. A mio avviso una grande lezione sociale, purtroppo oggi dimenticata dalle nostre deboli istituzioni moderne, anche quando sono eredi di nazioni con un patrimonio storico e culturale impareggiabile, come l’Italia.
la chiave per il futuro
L’occhio di Horus è dunque l’occhio di falco, che vede nitidamente tutto anche a distanza. A noi ciò che interessa è il simbolo: l’occhio di Horus simboleggia la massima attenzione, e in senso lato anche l’ascolto consapevole. Ringrazio il prof. Jordan Peterson per le sue lezioni sull’argomento: a lui si deve principalmente la comprensione di questa interpretazione simbolica.
Come ho anticipato all’inizio secondo me questa saggia lezione che viene a noi dall’antico Egitto è un ottimo principio guida che ci può aiutare a vincere l’imminente sfida contro l’Intelligenza Artificiale: solo se poniamo la massima attenzione a quello che sta succedendo nel mondo, se ascoltiamo attentamente gli avvisi esperti scartando invece i tanti che diffondono solo paura o messaggi interessati, e se sulla base di questa massima attenzione riusciamo a capire in cosa consiste davvero l’Intelligenza Artificiale, distinguendo tra rischi e opportunità, orientando il necessario conseguente dibattito sociale ai valori di verità e giustizia, guardando ad un futuro incentrato sull’uomo senza dimenticare i valori su cui abbiamo costruito la nostra civiltà (rielaborandoli e aggiornandoli se necessario, ma non stravolgendoli o dimenticandoli), solo in questo modo a mio avviso riusciremo ad imporre l’ordine sul caos attuale portando la nostra civiltà a fiorire nuovamente. L’Intelligenza Artificiale può essere davvero un incredibile strumento che può portare ad un futuro di abbondanza, che può elevare la qualità di vita a livelli oggi inimmaginabili, ma solo se oggi riusciremo a trovare un’intesa comune su come controllare il processo a beneficio di tutti, minimizzando i rischi e massimizzando i benefici per tutti.
E invece non stiamo facendo niente.
L’esempio più evidente? Non si parla quasi per niente del problema principale: se l’Intelligenza Artificiale sarà a breve in grado di sostituire qualsiasi lavoratore umano, come proteggiamo le decine/centinaia di milioni di persone che sono destinate a perdere il lavoro?! Illusorie promesse come l’U.B.I. non sono sostenibili nel lungo periodo (ne analizzo le criticità in questo articolo di approfondimento). Questo tema è al momento assente dal dibattito pubblico.
Sono molte le domande non poste e le riflessioni non fatte:
Per questo ho pubblicato questo sito: per spiegare con parole semplici cos’è davvero l’Intelligenza Artificiale e come sta per stravolgere le nostre vite, e in particolare per puntare il dito sulle ovvie criticità e sviluppare importanti riflessioni poco considerate.
Non sono certo l’unico, non sono il migliore, ma in una cacofonia di influencer improvvisati che ripetono a pappagallo le banalità mainstream io voglio unire la mia voce a quei pochi che mettono in luce i punti chiave di cui si dovrebbe discutere davvero, diffondendo il messaggio di quei pochi esperti che vale la pena di seguire.
Per farlo serve la massima attenzione ai dettagli veramente importanti. E il simbolo di questa massima attenzione per me è l’occhio di Horus.
il simbolo del sito
Trovo questi concetti così importanti e attuali che ho scelto l’occhio di Horus come mio simbolo identificativo in tutti i miei siti che parlano di futuro e Intelligenza Artificiale: se ci fai caso la favicon (l’icona del sito nelle schede del browser) di questo sito è proprio il vecchio geroglifico egizio dell’occhio di Horus. E anche la mia foto del profilo come autore mi ritrae nell’atto di mettere a fuoco una scena zoomando sui particolari importanti: anche in questo caso l’occhio che mette nitidamente a fuoco la situazione.
Un simbolo vecchio di millenni scelto per simbolizzare la nostra sfida cruciale per il futuro. Io sono fermamente convinto che sia la scelta giusta: io guardo al futuro, ma non dimentico i saggi insegnamenti del passato e i valori cardine della società umana.
Se hai trovato interessanti queste idee ti invito ad iscriverti alla mia newsletter:
E diffondi i link a queste mie pagine tra i tuoi amici.
Comincia l’esplorazione del sito dalla home page
L’immagine di copertina è stata generata tramite Ideogram